Nella seduta di giovedì Intesa SanPaolo ha subito una brusca flessione con le quotazioni che sono scese fino a quota 2,20 euro. La situazione tecnica si conferma quindi precaria con i principali indicatori direzionali che rimangono in chiara posizione short. Il forte ipervenduto di brevissimo termine può innescare un rimbalzo tecnico che dovrà tuttavia affrontare un duro ostacolo in area 2,27-2,30 euro. Difficile quindi il ritorno al di sopra di quest’ultimo livello. Una nuova flessione avrà invece un primo target a 2,16-2,15 euro. (riproduzione riservata)


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Nel corso delle ultime sedute il quadro tecnico del mercato azionario italiano si è deteriorato. L’indice Ftse-Mib ha infatti subito una brusca correzione, innescata dalla marcata debolezza del comparto bancario, ed è sceso fino a quota 20.400 punti. L’analisi dei principali indicatori quantitativi evidenzia un pericoloso rafforzamento della pressione ribassista, con l’Macd e il Parabolic Sar che si trovano in posizione short mentre l’Adx evidenzia come la consistenza dei venditori sia aumentata in modo rilevante. Probabile quindi un’ulteriore flessione (alimentata anche dall’importante stacco dividendi che si verificherà all’inizio della prossima settimana) che avrà un primo target a ridosso dell’importante soglia psicologica dei 20.000 punti e un secondo obiettivo in area 19.750-19.700 punti. Un eventuale rimbalzo tecnico, alimentato dal forte ipervenduto di brevissimo termine, dovrà invece affrontare un primo ostacolo a 21.000 punti e una seconda resistenza, sia grafica che volumetrica, a 21.350-21.400 punti. Improbabile quindi il ritorno al di sopra di quest’ultimo livello.

Le borse del vecchio Continente. Le altre borse europee non hanno invece confermato il superamento di solide resistenze grafiche e hanno accusato una veloce correzione. Il Dax, ad esempio, si è scontrato con quota 9.800 (livello che coincide con i massimi assoluti raggiunti alla fine del mese di gennaio) mentre l’Eurostoxx50 è stato respinto dai 3.200 punti. La struttura tecnica di breve termine rimane costruttiva ma, prima di un nuovo allungo, è necessaria una fase laterale di riaccumulazione. Importante, sotto questo punto di vista, la tenuta dei supporti grafici posti in area 9.450-9.400 per il Dax e attorno a 3.130 per l’Eurostoxx50. Soltanto una discesa al di sotto di queste zone potrebbe fornire un segnale d’inversione ribassista. Al rialzo, invece, un nuovo segnale long di tipo direzionale arriverà con il breakout, confermato in chiusura di giornata, di quota 9.800 da parte del Dax. Un’analisi intermarket fornisce tuttavia diversi elementi di debolezza: il Bund ha infatti compiuto un nuovo spunto rialzista e si è spinto fino a quota 146,75 punti (nuovi massimi storici) mentre il cambio Euro/yen ha ceduto il sostegno posto in area 140-139,90, fornendo un pericoloso segnale d’inversione ribassista. Due segnali che sono incompatibili con il proseguimento del trend rialzista che nel corso delle ultime settimane si è sviluppato sui mercati azionari europei.


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L'azionario giapponese ha chiuso in ribasso, registrando la terza perdita settimanale da un mese a questa parte. Hanno pesato il rafforzamento dello yen, il brusco calo dei rendimenti dei titoli del Tesoro Usa e il secondo giorno in territorio negativo di Wall Street. il rendimento del Treasury decennale Usa è sceso sotto la soglia psicologica del 2,50%, minimo degli ultimi sei mesi.

Il Nikkei ha chiuso in calo dell'1,41% a quota 14.096,59 punti, perdendo lo 0,7% sulla settimana. Il più ampio indice Topix ha perso l'1,63% a 1.159,07 punti. L'unico dato macro importante è arrivato dal Giappone la cui produzione industriale di marzo è stata rivista da +0,3% a +0,7% mese su mese nella lettura definitiva.

Anche nel resto dell'Asia, eccetto l'india, ha prevalso un atteggiamento di prudenza. Dopo la diffusione di un dato preoccupante sull'andamento dei crediti deteriorati, cresciuti nel primo trimestre a un tasso che non si vedeva dal 2005: Hong Kong perde lo 0,6% e Shanghai lo 0,2%.

Mentre in India l'esito ufficiale delle elezioni ha spinto il Sensex (+5,89%). Il leader nazionalista indù, Narendra Modi, si prepara a conquistare il potere: le sue promesse di nuovi posti di lavoro e di sviluppo economico hanno conquistato l'elettorato deluso dal Partito del Congresso, storicamente legato alla dinastia Nehru-Gandhi, che ha già riconosciuto ufficialmente la sconfitta. Si va verso una schiacciante vittoria del Bharatiya Janata Party (BJP) e i suoi alleati a scapito del partito al potere da dieci anni.

Il BJP è in testa con 268 seggi dei 543 del parlamento indiano. E' dunque prossimo a ottenere la maggioranza assoluta, fissata in 272 seggi. Il Partito del Congresso ha già riconosciuto di avere perso la sua battaglia elettorale. "Accettiamo la sconfitta. Siamo pronti a sedere sui banchi dell'opposizione", ha detto Rajib Shukla, alto dirigente del partito. Contemporaneamente, la rupia indiana si è portata sui massimi dall'agosto 2013 a quota 81 contro euro.


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L'azionario giapponese ha chiuso in ribasso, registrando la terza perdita settimanale da un mese a questa parte. Hanno pesato il rafforzamento dello yen, il brusco calo dei rendimenti dei titoli del Tesoro Usa e il secondo giorno in territorio negativo di Wall Street. il rendimento del Treasury decennale Usa è sceso sotto la soglia psicologica del 2,50%, minimo degli ultimi sei mesi.

Il Nikkei ha chiuso in calo dell'1,41% a quota 14.096,59 punti, perdendo lo 0,7% sulla settimana. Il più ampio indice Topix ha perso l'1,63% a 1.159,07 punti. L'unico dato macro importante è arrivato dal Giappone la cui produzione industriale di marzo è stata rivista da +0,3% a +0,7% mese su mese nella lettura definitiva.

Anche nel resto dell'Asia, eccetto l'india, ha prevalso un atteggiamento di prudenza. Dopo la diffusione di un dato preoccupante sull'andamento dei crediti deteriorati, cresciuti nel primo trimestre a un tasso che non si vedeva dal 2005: Hong Kong perde lo 0,6% e Shanghai lo 0,2%. 

Mentre in India l'esito ufficiale delle elezioni ha spinto il Sensex (+5,89%). Il leader nazionalista indù, Narendra Modi, si prepara a conquistare il potere: le sue promesse di nuovi posti di lavoro e di sviluppo economico hanno conquistato l'elettorato deluso dal Partito del Congresso, storicamente legato alla dinastia Nehru-Gandhi, che ha già riconosciuto ufficialmente la sconfitta. Si va verso una schiacciante vittoria del Bharatiya Janata Party (BJP) e i suoi alleati a scapito del partito al potere da dieci anni.

Il BJP è in testa con 268 seggi dei 543 del parlamento indiano. E' dunque prossimo a ottenere la maggioranza assoluta, fissata in 272 seggi. Il Partito del Congresso ha già riconosciuto di avere perso la sua battaglia elettorale. "Accettiamo la sconfitta. Siamo pronti a sedere sui banchi dell'opposizione", ha detto Rajib Shukla, alto dirigente del partito. Contemporaneamente, la rupia indiana si è portata sui massimi dall'agosto 2013 a quota 81 contro euro.


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Piazza Affari cerca di recuperare terreno dopo la pesante caduta di ieri. L'indice Ftse Mib sale dello 0,18% a 20.456 punti. Lo spread tra Btp decennali e omologhi tedeschi, dopo aver terminato ieri la sua corsa al rialzo a quota 180 punti base, oggi cala leggermente a 178 punti con un tasso del decennale, tornato sopra il 3%, che si attesta al 3,11%. L'impennata è sempre legata al dato sul pil italiano che nel primo trimestre è tornato a scendere dello 0,1%. Il differenziale Bonos/Bund segna invece 171 punti per un rendimento del 3,03%.


Sul listino milanese non tutte le banche, ieri duramente colpite dalle vendite, reagiscono: Intesa Sanpaolo scende dell'1% a 2,178 euro e Unicredit dello 0,77% a 5,78 euro, meglio Mps in crescita dello 0,46% a 21,98 euro e soprattutto la Banca popolare dell'Emilia Romagna che si apprezza dello 0,88% a 6,90 euro dopo che ieri sera a mercato chiuso l'agenzia internazionale Standars & Poor's ha posto sotto osservazione per un possibile upgrade il rating long-term, BB-, in seguito all'annuncio della banca di volere procedere a un'operazione di rafforzamento patrimoniale fino a un massimo di 750 milioni di euro.

Al contempo, Standars &Poor's ha confermato il rating short-term di Bper a B. L'azione di CreditWatch riflette la possibilità che l'agenzia di rating possa rivedere al rialzo il rating se l'operazione di aumento di capitale si concluderà con successo nei termini proposti, consentendo alla banca di migliorare la propria dotazione patrimoniale al di sopra della soglia incorporata nell'attuale livello di rating e di essere in grado di mantenerla nel corso del tempo.

Standars & Poor's prenderà una decisione in merito al rating solo quando saranno noti i dettagli sull'esecuzione e le condizioni dell'operazione di rafforzamento patrimoniale e del probabile impatto che esso avrà sulla capacità della banca di operare in modo sostenibile con un livello di capitale maggiore rispetto a quello che l'agenzia attualmente incorpora nei propri livelli di rating.


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